Esercizio di Silvia Bello Molteni
– Ma non è possibile! L’ho appena riempito!
Mario fissa incredulo il calice vuoto sul tavolo.
– C’è qualcuno? – Si gira di scatto verso la cucina alle sue spalle, poi guarda sotto il
tavolo, ma niente! Non c’è nessuno: solo lui, il divano, l’armadio aperto, il tavolo, la
sedia e quel bicchiere vuoto davanti ai suoi occhi stanchi.
C’è poco da nascondersi in quel monolocale mansardato, illuminato dal grande
lucernario sul tetto, col vetro sporco e scheggiato che disegna cicatrici d’ombra sul
pavimento del locale.
Serio, prende il bicchiere, alza per un attimo lo sguardo verso il lucernario, attirato
dal rumore della pioggia sul vetro, poi ritorna con gli occhi sul calice che ha in mano, ne
stringe il gambo fine con il pollice e l’indice; schiaccia, spreme, quasi a vedere se
qualche goccia residua di vino rosso zampilli verso l’alto.
– Sei proprio vuoto, accidenti! O forse no! Aspetta un attimo… – Sussulta con un
sogghigno maligno.
Si porta quindi il bicchiere all’occhio sinistro e, strizzando l’occhio destro, come un
capitano incerto, ne scruta il fondo col suo improbabile cannocchiale. Inarca il collo
verso l’alto e, alzando il bicchiere e la voce, parla alla sua ciurma invisibile:
– Nulla di nulla all’orizzonte rosso scuro del mio bicchiere vuo…
Una goccia di vino sulle ciglia interrompe il suo spiare nel bicchiere e, appena
scostato il vetro dalla pelle, disegna sulla palpebra un rigagnolo violaceo che cola giù,
lungo la guancia. In un rigurgito d’orgoglio, con la guancia segnata e l’occhio sinistro
bordato da un’impronta circolare, Mario scatta in piedi.
– Ah! Vuoi la guerra? E guerra sia! Tu sei vuoto, ma io ti riempio! Eccome se ti
riempio! Qualcosa… qualcosa troverò! Sono un tipo dalle mille risorse io … Aspetta
qui!
Appoggia arrabbiato il bicchiere sul tavolo, che risponde con un rumore di legno. Si
gira, fa un passo ed è davanti al ripiano di cucina; prende la bottiglia di Merlot, ma è
vuota. Cerca tra tutte le bottiglie che tiene in una cesta a terra. Tutte vuote! La porta del
piccolo frigorifero gli rimbalza contro, talmente è forte la sua foga per aprirla, e subito
la richiude quando vede che non c’è più nulla sui ripiani.
– Nemmeno una birra…
Apre furioso le ante della piccola dispensa piena di scatole e confezioni diverse che
fa cadere a terra una ad una, elencandole in un arrabbiato crescente:
– Fagioli, ravioli, piselli, tonno… niente vino!
Spazientito lascia tutto a terra e, con un calcio a una lattina di pesche sciroppate,
triste cadavere nemico della sua battaglia appena persa, si muove di nuovo verso il
tavolo, ma, improvvisamente, si blocca.
Nel suo bicchiere, lì, sul tavolo, un liquido rosa chiaro si è materializzato sul fondo, e
lentamente aumenta di volume.
Mario, con un mezzo sorriso, si avvicina a quel calice magicamente riempito e si
accorge che dal vetro scheggiato del lucernario un pianto di pioggia cade lento e
inesorabile: goccia dopo goccia riempie quel bicchiere, ormai non più vuoto.
– Cosa ti dicevo? Traditore di un bicchiere! Un modo per riempirti l’ho trovato!
Con un gesto carico di spirito di vittoria agguanta deciso il calice per il gambo e,
prima di bere quell’acqua colorata, pronuncia fiero il suo brindisi:
– E allora… SALUTE, bicchiere non più vuoto!